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Bitti 29 novembre - 3 dicembre 2005 
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Tra candore e sangue
Candidi agnelli di sfondo, un pentolone di latte cagliato al centro del capannone, davanti una scrofa che gronda sangue appesa per le zampe posteriori. C'è una naturalezza millenaria nei gesti dei miei ospiti, nessuno fa caso alle discrepanze.
Parte da sola, immediata, una riflessione sulle caratteristiche di predatore dell' animale uomo e di quanto queste caratteristiche siano presentissime ma mascherate nella nostra quotidianità.
Scorgo in fondo una certa ipocrisia nel provare raccapriccio di fronte al maiale squartato e al contempo
trasporto per gli occhi di un agnello o fascino nel vedere il formaggio fatto sotto i nostri occhi.
Perchè la scrofa sfruttata in vita e in morte ci raccapriccia e e l'agnello schiavo del pastore e destinato allo sfruttamento ci intenerisce? Non siamo lucidi.
Alla fine vedere lo sfruttamento a morte del maiale ci turba al punto di far passare l'appetito: la sua vista, non il concetto.
Rispettiamo allora chi ha il coraggio di dare la morte al maiale con un colpo di scure alla testa e uno di "leppa" alla gola, soltanto dopo potremo analizzare le forme di sfruttamento dell'uomo verso gli animali, ma soprattutto dell'uomo sull'uomo.
Volendo applicare un'altro nostro modello: l'uomo è spinto a ricercare l'utilità nella propria esistenza e a misurarla in quello che resterà di lui dopo la morte: il maiale in questo senso raggiunge il successo più completo e il mondo è pieno di suoi monumenti sotto forma di prosciutti.
Della fugacità del prosciutto visto sotto il profilo monumentale: le statue equestri sono eterne? O restano esposte fino a quando ne riscontriamo l'utilità?
Eppure molti di noi aspirano a una vita durante la quale riuscire a concludere qualcosa (utilità in vita) che ci possa far ricordare anche dopo la morte...
Il prosciutto sta al maiale come la memoria all'uomo.
Con la coscienza che alla fine anche il nostro ricordo verrà consumato. |